Genziana, Ginepro, Imperatoria: tre distillati che raccontano la montagna. Franco de Battaglia
In Val Rendena (Trentino) il fiore all’occhiello nei prodotti tipici è la grappa di genziana, per distillato (non per infusione) dalle radici della genziana gialla (Lutea) il fiore splendido che cresce sui pascoli alti. La produce per antica tradizione la famiglia Boroni di Spiazzo Rendena. E' il complemento eccezionale delle grappe che si distillano dalla vinaccia. Come la grappa è il distillato che racchiude nelle sue gocce, ad una ad una dall’alambicco, tutto il sole asciutto che le uve hanno accumulato sulla vigna, così il distillato di genziana comunica un gusto di vento alto, una carezza un po’ ruvida di cime, di vette che può riuscire anche inquietante.
Non è la diritta asciuttezza del vitigno, è il mistero di un umore di radici, di un odore-sapore di montagna, di sassi levigati dai ghiacciai, evocazione di mughi che crescono poco lontano, mescolando magari le radici, ricordo di neve appena sciolta prima della fioritura, di erba dura non tagliata.
La genziana si centellina, è digestiva, porta lontano con il suo sapore. Distillarla senza piegarne il gusto, o banalizzarlo, o indurirlo, è difficilissimo. Occorre seguire ogni istante della distillazione, ma anche abbandonarvisi, come sulla forcella quando si viene investiti dal vento che risale improvviso. Non ci sono scorciatoie.
La famiglia Boroni, che ha ripreso l’antica tradizione prima che cadesse in abbandono, prepara altri due distillati d’eccezione. Il primo è un ginepro rustico. è profumatissimo e lascia poi un leggero retrogusto di legno: come quando si passa nel bosco e si coglie una bacca per masticarsela in bocca. Se la genziana comunica l’esperienza del vento e del cielo, il ginepro comunica quella del bosco.
E poi c’è l’Imperatoria, il distillato di un’ombrellifera dalle grandi inflorescenze bianche molto in voga nell’Ottocento, dalle grandi virtù calmanti che Boroni ha rilanciato.
E' forse difficile capirla al primo sorso, questa “grappa”, ma al secondo appare davvero come il distillato “totale”, una sorta di succo di tutte le streghe, di tutte le leggende, di tutte le paure, di tutte le avventure e le pericolose fantasie della montagna. Par quasi che in un grande pentolone di rame (sottratto ai malgari che lo usano per il burro) gli spiriti della montagna, quelli che ancora la occupano quando sulle valli alte scendono le nubi e piovono i fulmini, abbiano estratto tutti i succhi dei monti, il loro humus più profondo, proprio la terra, sedimentata dai ghiacciai, arricchita dallo sbriciolarsi delle piante rinate lungo i secoli.
L’Imperatoria dà il sapore della terra di montagna, restituisce l’esperienza di un contatto quasi fisico con il territorio. Se la Genziana comunica il sole con il vento e il Ginepro gli odori del bosco l’Imperatoria trasmette anche le nebbie, la lontananza inquieta delle nubi, la scossa elettrica dei temporali, la tempesta in cui la montagna rinasce da se stessa. Berne un sorso, magari dopo un piatto di polenta su alla malga, diventa un passaggio iniziatico, per rinsaldare il patto antico che lega l’uomo ai suoi monti.
In Val Rendena (Trentino) il fiore all’occhiello nei prodotti tipici è la grappa di genziana, per distillato (non per infusione) dalle radici della genziana gialla (Lutea) il fiore splendido che cresce sui pascoli alti. La produce per antica tradizione la famiglia Boroni di Spiazzo Rendena. E' il complemento eccezionale delle grappe che si distillano dalla vinaccia. Come la grappa è il distillato che racchiude nelle sue gocce, ad una ad una dall’alambicco, tutto il sole asciutto che le uve hanno accumulato sulla vigna, così il distillato di genziana comunica un gusto di vento alto, una carezza un po’ ruvida di cime, di vette che può riuscire anche inquietante.
Non è la diritta asciuttezza del vitigno, è il mistero di un umore di radici, di un odore-sapore di montagna, di sassi levigati dai ghiacciai, evocazione di mughi che crescono poco lontano, mescolando magari le radici, ricordo di neve appena sciolta prima della fioritura, di erba dura non tagliata.
La genziana si centellina, è digestiva, porta lontano con il suo sapore. Distillarla senza piegarne il gusto, o banalizzarlo, o indurirlo, è difficilissimo. Occorre seguire ogni istante della distillazione, ma anche abbandonarvisi, come sulla forcella quando si viene investiti dal vento che risale improvviso. Non ci sono scorciatoie.
La famiglia Boroni, che ha ripreso l’antica tradizione prima che cadesse in abbandono, prepara altri due distillati d’eccezione. Il primo è un ginepro rustico. è profumatissimo e lascia poi un leggero retrogusto di legno: come quando si passa nel bosco e si coglie una bacca per masticarsela in bocca. Se la genziana comunica l’esperienza del vento e del cielo, il ginepro comunica quella del bosco.
E poi c’è l’Imperatoria, il distillato di un’ombrellifera dalle grandi inflorescenze bianche molto in voga nell’Ottocento, dalle grandi virtù calmanti che Boroni ha rilanciato.
E' forse difficile capirla al primo sorso, questa “grappa”, ma al secondo appare davvero come il distillato “totale”, una sorta di succo di tutte le streghe, di tutte le leggende, di tutte le paure, di tutte le avventure e le pericolose fantasie della montagna. Par quasi che in un grande pentolone di rame (sottratto ai malgari che lo usano per il burro) gli spiriti della montagna, quelli che ancora la occupano quando sulle valli alte scendono le nubi e piovono i fulmini, abbiano estratto tutti i succhi dei monti, il loro humus più profondo, proprio la terra, sedimentata dai ghiacciai, arricchita dallo sbriciolarsi delle piante rinate lungo i secoli.
L’Imperatoria dà il sapore della terra di montagna, restituisce l’esperienza di un contatto quasi fisico con il territorio. Se la Genziana comunica il sole con il vento e il Ginepro gli odori del bosco l’Imperatoria trasmette anche le nebbie, la lontananza inquieta delle nubi, la scossa elettrica dei temporali, la tempesta in cui la montagna rinasce da se stessa. Berne un sorso, magari dopo un piatto di polenta su alla malga, diventa un passaggio iniziatico, per rinsaldare il patto antico che lega l’uomo ai suoi monti.