Un’attività parti colare era quella del fabbricatore di acquavite di genziana. Tale attività, iniziata coll’inizio dell’Ottocento doveva, per poter essere esercitata, ottenere il permesso del Comune. E questo aveva con l’an no concesso la possibilità ad esercitarla a tal Martino Breitenbergher forestiero.
Il 4 maggio 1830 certa “Teresa vedova di Giuseppe Boroni, abitante di Bocenago, madre di cinque figli tutti minorenni, onde guadagnare il sostentamento per sé, e figli, esercita in tempo d’estate il mestiere di fabbricatore di acquavite di genziana (spirito acquoso che si ricava dalla radice di genziana). Essa tiene la sua capanna a tal’uso eretta vicino ad una posizione montuosa detta stablo porcile, o Covel e dintorni che appartiene alla Comune di Pelugo, ove si raccoglie la radice in discorso ed ove esercitò anche negli anni passati tale mestiere”. Dopo tale premessa essa scrisse: “è venuta in cognizione che la Comune di Pelugo abbia privatamente concesso l’uso di detta posizione, e pel medesimo scopo ad un forestiere e vedesi perciò esclusa dalla concorrenza, e posticipata qualunque terriera. Dessa come tale non reclama preferenza, ma offre un prezzo maggiore, ed in ogni modo, non potendo altrimenti ottenere il permesso di raccogliere la radice in discorso in quella posizione, si fa supplicare la suddetta Imp. Regia Carica Giudiziale affinché voglia ordinare alla rappresentanza comunale di Pelugo di mettere in pubblico incanto un tale uso, affinché possa anche dessa concorrervi e se fin d’uopo con idonea sigurtà”.
Alla stessa venne risposto però che quella zona di monte era stata locata per otto anni a certo Domenico Alberti di Verdesina, il quale lo scorso anno 1828 aveva dato, previo parere comunale, l’autorizzazione a quel forestiere a tal sopraccitato, cosicché tutto era in regola e quindi la Boroni per ottenere il permesso doveva rivolgersi al locatore Alberti stesso.
Non sappiamo come finì la storia quell’anno, ma sicuramente sappiamo che nel 1852 il “diritto di scavare e ridurre durante l’estiva corrente stagione tutte le radici di genziana che si trovassero sull’Alpe Covel” venne concesso a Giacomo e Giuseppe Boroni di Borzago, accordando loro anche il permesso di “costruirsi un piccolo casinello nel luogo detto Stablo Porcile per abitarvi”. I Boroni ed i loro eredi continuarono per tutto l’Ottocento ad ottenere quel permesso particolare. Nel 1884 venne dato a Cesare Boroni, dietro il corrispettivo di 190 fiorini annui, ed ancora verso la fine del secolo essi estraevano le radici e continuarono a fabbricare acquavite.
Tratto da : Danilo Mussi, In Villa Pellugi.... Magnifica Communitas Vallis Randenae, pp. 489 – 490